giovedì 29 marzo 2012

Scripta manent


La mia domenica finisce così. Che, durante una morbida (si fa per dire) cena tra vecchie glorie presso una storica trattoria Trevinanese, a gozzo pieno e lingua sciolta, mi infilo in un’intricata disquisizione sulle miserie nazionali. E gira che te rigira, daje, picchia e mena, alla fine, la metafora diventa calcistica e noi ci ritroviamo, come al solito, ad urlarci contro le nostre differenti visioni circa i massimi sistemi del pallone. Da quando, alto poco più di mezzo metro, ho iniziato a cimentarmi nel farfugliamento delle prime formazioni, fino ad ora, nella bolgia degli infiniti episodi del calcio, mai mi sono rassegnato alla dittatura del risultato. Perché poi, dietro alle decisioni del referee, ai singoli episodi, ai colpi di coda e quelli di culo, dietro al fischio finale, c’è tutta un’infinità di altre cose. C’è il calcio.
Finisce così, che mentre Capitan Del Piero regala ai bianconeri il colpaccio su un’Internazionale sempre più appannata e Gianfranco spegne i fuochi della cucina, le bottiglie di rosso vuote sul nostro tavolo non entrano in una cassetta. Finisce che mentre i clienti fissi sonnecchiano sulle panche, davanti ai bicchieri sporchi di Borsci, il conto (onesto) a centrotavola ci aiuta a troncare la piuttosto scurrile controversia e a riprendere la strada verso casa. Via.
Mentre, a fatica, imposto le indomabili curve dopo la spianata di Valcella, ripenso a tutte le volte in cui dovetti battermi contro i cinici professori del pallone, alzando la voce per difendere le mie regole e sovvertire quelle universali del calcio. Per me, separato troppo presto dalla maestra delle scienze, i “risultati” sono sempre rimasti robaccia e, dovermi rassegnare all’idea che “nel calcio vince chi segna”, sarebbe stato un esercizio davvero deprimente.
A questo punto, cari lettori, mi piacerebbe raccontarvi un breve aneddoto. Era l’ottobre del ’61 quando, per la prima volta nel derby milanese, si scontrarono due geni della panchina. Che partita, quella partita. Successe di tutto, fino agli ultimi minuti, quando si verificò un vero e proprio assedio perché la Grande Inter non ci stava a perdere di tre reti. E’ storia scritta una quarantina di anni fa, quando Nereo Rocco fece piangere Helenio Herrera. H.H., Il mago, così fu soprannominato, era stato fortissimamente voluto da Angelo Moratti che si adoperò per strapparlo nientepòpòdimenoche al Barcellona; arrivato a Milano, in tre giorni, oltre alla promessa di uno scudetto, rivoluzionò tutto: dalla mentalità, al modo di comunicare con ragazzi e sostenitori. A quel punto, pur dopo una sonora sconfitta, i tifosi interisti, anziché scegliere la strada dei forconi, decisero di rimanere stretti intorno all’ambiente, dimenticandosi di quel risultato. Era il 3 ottobre del ’61 quando di mattina presto, sui muri dello spogliatoio, comparvero dei mastodontici cartelloni.
Quindi, cari tifosi A.Ci.Di, è arrivato il momento di srotolare le lenzuola sdrucite del corredo e ridimensionare questo ingiusto 3 a 0. Cosa vogliamo dire ad una squadra che gioca un primo tempo tra i più proficui e “cazzuti” della stagione, presentandosi a viso aperto, davanti alla porta avversaria, con una sfilza di pericolose occasioni? Che fa tremare la rete dopo appena quattro minuti, con un pallonetto respinto sulla riga? E poco dopo sgancia un tiro angolato che, dentro area, finisce a fil di palo? Ad un gruppo voglioso di dimostrare carattere, personalità e grinta, che pratica un calcio di buon livello, non lasciandosi intimidire nemmeno dalla prima?
Sarà pur vero che “nel calcio vince chi segna” ma se, per segnare, chi ha vinto, ha avuto bisogno di dimenarsi fino al 95’, mal riuscendo ad arginare il nostro agonismo e sfruttando, in pratica, solo il contropiede, come baluardo nei momenti finali di comprensibile stanchezza, allora quanto conta il risultato? C’è chi vince e chi gioca e mai come oggi, un’equa spartizione del risultato sarebbe stata cosa certamente più giusta. Datemi retta, nel calcio, vince chi segna ma anche chi ci va vicino. E se quel tiro dagli undici metri, concessoci sull’1 a 0, fosse entrato, forse oggi davvero ci saremmo raccontati un’altra storia. Ma va bene così.
Dimenticavo, su quei cartelloni, quella mattina di inizio ottobre, c’era scritto: “Chi non dà tutto, non dà niente”. A tutti voi, ragazzi, grazie!
Ed ecco a voi le pagelle:
CORTELLINI ALESSIO: Due belle parate che ne confermano il valore. Prezioso. VOTO: 7
PALOMBINI MATTEO: Barcolla ma non molla. Nonostante qualche doloretto e qualche momento di defajance, buona prova. VOTO: 6 ½
TIBERI RICCARDO: Cincischia sul goal pur essendo in vantaggio. Ma si riprende alla grande concludendo la partita in crescendo. VOTO: 6 ½
MAGISTRATO SIMONE: Cerca di arginare come può i temibilissimi invasori.  VOTO: 6
MANGANELLO GIORGIO: Scorrazza sulla fascia dal primo all’ultimo minuto. Si fa comprensibilmente scavalcare sul terzo goal ma perché era sfinito. Eroico. VOTO: 7
URBANI FABIO: Lo adoro (quasi sempre!) da terzino. In mezzo al campo, fa anche più del suo ma gli manca l’abitudine. VOTO: 6 ½
PONTREMOLI ALESSIO: La sua solita partita; in più, aiuta molto anche il reparto difensivo. VOTO: 6 ½
URBANI DIEGO: Resta in campo nonostante i dolori. Sarà meglio che si preservi per la finale. Cholo, Cholo, Cholo! VOTO: 6
RICCITELLI ANDREA: Buon primo tempo in cui distribuisce palloni a destra e sinistra. Può dare di più ma non ha ancora i 90 minuti nelle gambe. VOTO: 6 ½
BATTISTI RAFFAELE: La volontà è la stessa di sempre. Forse, soprattutto in queste occasioni, la mancanza di allenamento si fa sentire. VOTO: 6
BALDINI FRANCESCO: Pericolosissimo nei primi minuti con palle goal mancate di un soffio. Il rigore sbagliato lo innervosisce. Nervi saldi e pedalare! Succede! VOTO: 6 ½
PANICO DAVID: La partita era sicuramente tra le più complicate per riuscire a intercettare palle succulente. Peccato. VOTO: 6
FRINGUELLO MATTEO: Entra fresco e cambia la musica. Preciso e convinto. VOTO: 6 ½
BAMBINI PIETRO: Entra e attacca briga. Nel frattempo, decide anche di giocare buone palle. VOTO: 6
PALOMBINI DAMIANO: Entra e riesce pure a segnare. L’arbitro annulla. A un passo dal sogno. VOTO: 6
MISTER MOURENO: Non è facile, con tanti assenti e turn over d’obbligo. La squadra è carichissima e tanto è merito suo. VOTO: 6 ½


giovedì 22 marzo 2012

-Balli?- “No.” -Allora tenghime la giubba!-


Noi siamo così, da sempre. Siamo quello che non ti aspetti. Quelli delle imprese eccezionali. Quelli che si esaltano davanti alle salite più ripide e se proprio non je la fanno ad arrivare in cima, rigirano prendendola pe ‘l verso della scesa.
Sul finire degli anni ’70, ricordo, eravamo quel nutrito gruppo di “avanzi di balera” che seminava il panico nel Sancascianese; quando il difficoltoso (soprattutto a ‘na cert’ora!) posteggio della Matra Simca Baghera gialla limone del Dieci inteso come Danilo, in prossimità della Casina delle Rose, ci assicurava gli occhi affascinati di qualche ragazzetta della zona; a noi, nonostante la campagna non avesse insegnato nulla né del giro naturale del Twist, tanto meno del ritmo dello Shake, bastava un po’ di fantasia.
E figurarsi, se avrebbe potuto procurarci il minimo imbarazzo la superbia della forestiera di turno, seduta imbalsamata e tirata all’inverosimile, dispensando due di picche a chiunque le avesse timidamente avanzato la proposta (indecente) di un ballo. “Balli?” -No- “Balli?” -No- “Balli?” -No- Servì la nostra spontaneità contadina a vendicare quella massa di ragazzi rifiutati e ridimensionare la preziosa fanciulla al giusto ruolo nella serata: l’omo morto. “Balli?” -No- “Allora tenghime la giubba.” E via, in pista, a scatenarci tra noi.
Ricordo ancora, quanto ci sganasciammo al pensiero della donzella sull’orlo di una crisi di nervi, che girò i tacchi e se ne andò, da dove era venuta, più veloce della luce; ricordo, quei nostri ritorni vittoriosi al paesello, con i fari anteriori a scomparsa del bolide a illuminare la notte. Noi siamo così. Quelli che sanno mettere tutti al loro posto. Noi siamo piccoli ma i grandi ce li mangiamo. E poi brindiamo, alla loro salute, col liquido ‘mbottijato ‘n casa, perché le “etichette” ci fanno schifo. Siamo così, da sempre.
Quelli in grado di compiere imprese inaspettate e rosicare gli ossi duri. Fuori e dentro le piste da ballo, fuori e dentro il rettangolo da gioco. Ora lo so, in questa domenica di metà marzo, sospesa così, tra gli ultimi scampoli di un difficile inverno e i primi boccioli di primavera, è arrivato il momento di dimostrare che quello che abbiamo, lo abbiamo meritato, conquistandolo da soli, partendo dalla parrocchia del paesello quando, tra il disappunto di Don Ugo, sistemavamo i pali a piazza della Chiesa, durante le funzioni. A noi, estranei agli studi e ai manuali delle “Accademie” del calcio, la campagna non avrà insegnato nulla di pallone, in compenso però ci ha concesso dei meravigliosi spazi in cui rincorrerlo. Noi siamo cresciuti così. Ci basta un po’ di fantasia.
Siamo uno schiaffo alla solitudine, al calcio dei musi lunghi, dei silenzi, dei tatticismi esasperati, del formalismo, della pasta scondita, dell’acqua naturale a temperatura ambiente, dello sperpero, degli assegni a parecchi zeri e dei grandi nomi. Siamo così. In grado di cambiare tutto. Di ammutolire i passanti (e, probabilmente, anche qualche spia Preciana in avanscoperta). Siamo Davide che riesce ad abbattere Golia. Dall’ultimo posto nelle classifiche di terza categoria 2009/2010, al quarto gradino del podio attuale, mettendoci alle spalle squadre di provincia, oltre alla concreta speranza di farci strada nella finale di Coppa. Il passo sembrerebbe lungo, invece non lo è stato per noi. Noi che abbiamo nel sangue la “garra charrua”, il coraggio, la forza ruspante, la perseveranza de ‘na volta e una storia incredibile alle spalle.
Ora lo so, in questa domenica marzolina di fronte ad una greppa senza più sedute libere, il ragazzo di paese metterà al suo posto l’Accademia. Il goal, soprattutto il secondo, rimarrà negli annali del calcio; un cammeo realizzato da Luigi Sciulli che, dopo un cross da destra del Principe Baldini, infila la sfera, angolatissima, tra palo e portiere, in uno spiraglio di luce. Il match sarebbe finito così, con un meritatissimo nostro vantaggio. Un 2 a 1 venuto dalla concentrazione e dalla determinazione di tutti; dalla compattezza con la quale siamo rimasti in campo, concedendo agli avversari la buona azione del goal e poco più.
Addio all’Accademia Calcio, alla loro spocchia, alle palle scaraventate oltre la linea laterale quando, sorpresa dal nostro moto d’orgoglio, sull’orlo di una crisi di nervi, ha perso il bandolo di un gioco collaudato che l’ha portata al secondo posto; addio ai manuali del calcio; addio anche allo scandaloso episodio arbitrale (roba quasi mai vista) che ci deruba dai sacrosanti tre punti. Finisce 2 a 2 una partita che noi abbiamo vinto. E adesso che ci siamo trovati, adesso che stiamo crescendo, non come singoli solisti bensì come un’attrezzata orchestra, adesso che niente fa più tanta paura, facciamoli stare a guardare mentre scriviamo un pezzo di storia tutta nostra, solo con un pallone tra i piedi. Possiamo farcela proprio perché siamo così. Da sempre.
Ed ecco a  voi le nostre pagelle:
CORTELLINI ALESSIO: Esce, rilancia e afferra, sempre con i tempi giusti. In più, cresce di personalità. Direttore. VOTO: 7
URBANI FABIO: Solita partita attenta in una gara condizionata dal vento. VOTO: 7
FIRNGUELLO SIMONE: Il numero 7 era una bella gatta da pelare. Ma lui se la cava egregiamente. VOTO: 6 ½
MANGANELLO GIORGIO: Grande primo tempo. Vince tutta una serie di scontri e rimpalli con quella tigna che lo caratterizza. Ce voleva proprio! VOTO: 7+
BAMBINI PIETRO: Centrale difensivo attento e preciso, senza fronzoli. Così ci piace particolarmente. VOTO: 7
PALOMBINI MATTEO: Considerando un par de “cazzeggi”, che gli abboniamo, determinato e grintoso. VOTO: 7
FRINGUELLO MATTEO: La sua grande voglia di fare, stavolta lo porta a strafare. Non tutto gli riesce così naturale come al solito. Capita! VOTO: 6 ½
TIBERI RICCARDO: Nonostante abbia dovuto giocare una marea di palloni alti e “ventilati”, palla a terra, è sempre determinante. VOTO: 7
PONTREMOLI ALESSIO: Gioca più al servizio di tutti e, palla al piede, innesca diverse situazioni pericolose. Uomo in più. VOTO: 6 ½
SCIULLI LUIGI: Per uno che non si può allenare per motivi lavorativi, è anche troppo. Un capolavoro sul secondo goal. Grazie! VOTO: 7
BALDINI FRANCESCO: Altra grande prestazione. Ovunque, c’è il suo zampino. Deus ex machina. VOTO: 7 ½
BATTISTI RAFFAELE: Come distinguerlo da un caterpillar? Gavuja tutto il campo! VOTO: 6 ½
PALOMBINI DAMIANO: Se la tecnica andasse a braccetto con la generosità, sarebbe una bomba. VOTO: 6+
RICCITELLI ANDREA: Subentra e si piazza come valido perno di centrocampo. Deciso. VOTO: 6 ½
PANICO DAVID: La palla giusta non arriva. Nel frattempo, si rende utile come può. VOTO: 6 ½
URBANI DIEGO: Entra a partita inoltrata, impegnandosi al massimo come sempre. Cuore pulsante. VOTO: 6 ½
MISTER MOURENO: Gestisce una partita al meglio, dimostrando che non siamo secondi a nessuno. VOTO: 7

martedì 20 marzo 2012

Dalla posta: IV Trofeo "Cuore rossoblu"



Ora che le funzioni del blog paiono ripristinate, ufficializziamo anche in questa sede la mail arrivata nella serata di domenica con la proclamazione del Cuore rossoblù, vincitore di una cena offerta da i MAESTRI DEL COTTO di Alessandro Piazzai. Ecco a voi il testo: "Perchè si muove costantemente ad altissimi livelli, riuscendo a coniugare altruismo e capacità di finalizzazione con assist pregevoli e goal di ottima fattura, il cuore rossoblù di oggi è: BALDINI FRANCESCO"

giovedì 15 marzo 2012

Notti magiche



Secondo una canzone degli U2, a tre anni crediamo che il mondo giri intorno a noi. Io, a trenta e poco più, il mondo pensavo di conquistarlo. E con me l’Italia intera. Era l’estate terribilmente calda del ’90 e quel Mondiale arrivava nel punto di maggiore e illusoria grandezza del paese, dopo i bagordi degli anni ’80 e la messa a punto dei nuovi parterre erbosi sui quali celebrammo un rito tutto pagano.
Eravamo una squadra di calcio giovane, farcita di talenti del calibro di Maldini, Vialli, Zenga (rimasto imbattuto per 518 minuti), Baggio e guidata dal bravo Azeglio Vicini; non avevamo mai perso una partita e i nostri  occhi spiritati, quelli di Totò Schillaci, il picciotto venuto dal nulla per abbattere le resistenze austrocecoslovacche, irlandesi, uruguayane e dominare la vetta della classifica marcatori davanti a Careca e Platt, facevano paura. Dieci anni dopo Paolo Rossi, nove dopo Cutugno, grazie ad un ragazzo che cambiava gomme al quartiere CEP e agli altri, fummo nuovamente investiti dalla sindrome dell’“italiano vero”, con quelle palpebre sgranate ad illuminare le nostre notti.
E, alla fine, davvero non ci interessò nulla se quella fu l’ultima illusione, la strada sbarrata per i primi due posti, spezzata da un colpo di testa dell’argentino Caniggia. Quegli ultimi novanta minuti non avrebbero mai cancellato i magici gol di Totò, uno più bello dell’altro; le urla per le strade e, sotto alle finestre, il volume al massimo delle Mivar con la voce inconfondibile del totem dei nostri trent’anni, Bruno Pizzul; “Ciao”, il pupazzo tenuto abilmente in piedi da due giri di fil di ferro, tutto tricolore, il cui nome fu deciso anche da me, assiduo scommettitore del Totocalcio; le radio che suonavano la canzone scritta da Tom Whitlock e musicata da Giorgio Moroder, To be number one, il cui ritornello, nella versione italiana, faceva più o meno così: “Notti magiche, inseguendo un goal. Sotto il cielo di un’estate italiana. Na na na
Venti anni dopo, eccomi ancora qui, a un passo dall’infarto, a sognare una notte magica, a scrivere di una squadra di paese, giovane e verace, ad inseguire quel goal. Perché, in effetti, uno ne sarebbe bastato ma, nell’imbrunire di mercoledì 7 marzo, ad illuminare il lungo-Paglia, ne arrivano addirittura due; l’ACD ci mette una cinquantina di minuti a sgonfiare il Montepetriolo. La partita, palpitante e maschia, scivola via, dopo diverse azioni tratte dalle più nobili pagine del “Manuale del calcio”, rimanendo sul piano di un’esemplare correttezza. Nessuna ammonizione; alla fine, davanti a cori da pelle d’oca, mentre la squadra disegna gli ultimi ricami di una notte memorabile, qua la mano.
E se anche, non dovessimo dominare il campionato, se anche non dovessimo salire sul gradino più alto del podio di Coppa Umbra, qualcosa di prodigioso mi sembra sia già stato compiuto. I 39 punti, il quarto posto in classifica nel girone D e l’ipotecata qualificazione per la finale dell’11 aprile, per noi, giovani, con poca malizia e ancora inesperti, sono un bottino da far arrossire i più scettici; un successo collettivo, lasciatemelo dire, soprattutto per come è stato raggiunto.
Per il palpabile entusiasmo che ha circondato da sempre l’ambiente rossoblù in questi lunghissimi mesi; per aver risuscitato la sindrome dell’“esse Alleronese”, per aver compiuto lo storico traguardo dell’unificazione, laddove tanti avevano fallito, nel vuoto che ci fermava, a scendere, alla retta del Papa, e, a salire, nei pressi del Cantinone; grazie perché siamo tanti e tutti stretti attorno ad una cosa sola, un pallone. Grazie perché ci ricordate che a volte, si deve prenderlo a calci con spensieratezza, per poi vedere l’effetto che fa.
Senza spropositati investimenti ma con una quantità straripante di idee, domando un campo sommerso dalle erbacce, con un Mister “sergente di ferro” che, di un gruppo eterogeneo, ha fatto una solida famiglia. Sono le mamme a preparare le lumachelle e i babbi a cavare i boccioni; i tifosi a suonare i tamburi. Le nonne a rammendare gli strappi, e non solo quelli delle calze. Grazie perché finalmente viviamo tutti insieme. Anche i cronisti calvi e più di qua che di là. Pure i massaggiatori e i portaborse. Persino i procuratori baffuti del ‘56, un Presidente solo un Presidente, qualche Gufo, che comunque porta un gran bene, e gli stregoni ufficiali. Tutti insieme, dall’Aiarella a via Mazzini, da Peccio al Pratale, fino a Pianlungo, a vivere quest'"avventura in più".
Vada come vada. In quasi tre anni di questa nostra storia, novanta minuti non saranno nulla se non una piccola (e storica) parentesi. Andiamo insieme a prenderci il nostro posto nel mondo ma in quella notte magica, lontana da qui, chissà dove, ricordiamoci, da dove siamo partiti. Perché, cara A.C.D, vada come vada, le tue tre primavere sono state le nostre tre estati (magiche).
Ed ecco a voi le nostre pagelle relative alla serata di Coppa:
CORTELLINI ALESSIO: Con lui partiamo dal voto: 10 per il coraggio e l’attaccamento dimostrato. 8 per la tranquillità che trasmette, 6 purtroppo, sono i punti nel mento. Indistruttibile.
FRINGUELLO SIMONE: Come in campionato, così lo ritroviamo in coppa. Splendido esordio. Se non altro per le centinaia di chilometri che si sobbarca solo per noi, GRAZIE a caratteri cubitali. VOTO: 7
URBANI FABIO: Ostacolo insormontabile. Lucidissimo e tranquillo. VOTO: 7 ½ (doppo lamentite, si sae fa!)
TIBERI RICCARDO: Dove lo metti brilla. Ovviamente di luce propria. VOTO: 7 ½
BAMBINI PIETRO: Arriva da Firenze e si ritrova catapultato in mezzo alla battaglia. Senza gladio e senza scudo, esce sfinito. VOTO: 7
PALOMBINI MATTEO: Acciaccato ma mai domo; lui è così, senza troppi fronzoli. Giganteggia nella sua area. VOTO: 7
RICCITELLI ANDREA: Prestazione intelligente e efficace. Anche lui esce sfinito. VOTO: 7
PONTREMOLI ALESSIO: L’andamento del match mette in risalto le sue caratteristiche. Stoico nelle ripartenze, terrorizza gli avversari. Perde qualche palla in più, ma guadagna un sacco di falli. VOTO: 7 ½
SCIULLI LUIGI: Nonostante la condizione ancora precaria, resta il sangue del bomber che mette il sigillo sulla gara. Da manuale. VOTO: 7 ½
URBANI DIEGO: Goal da raccontare ai nipoti. Si esalta e triplica gli sforzi per portare l’ACD in finale. Osannato dai tifosi, non si può che regalargli un bel 10.
MANGANELLO GIORGIO: Solito mastino determinato ad agguantare la finale. Grintoso, il suo recupero ci dà molte certezze. VOTO: 7
MAGISTRATO SIMONE: Bello concentrato, entra subito in partita. VOTO: 7
MARCHIGNANI MARCO: Carico al punto giusto, dà il massimo, in una gara da lui molto sentita. Bravo. VOTO: 7
PALOMBINI DAMIANO: Tra galoppate e sgroppate, generosissimo, aiuta tutti senza farsi domare. VOTO: 7
BATTISTI RAFFAELE: Contro avversari tecnici non si arrende, anzi contrattacca e, con il solito impeto, si fa valere. VOTO: 7
FRINGUELLO MATTEO: Entra e si vede subito. Guerreggia da par suo nella bolgia di centrocampo. VOTO: 7
BALDINI MOURENO: Corona un sogno. VOTO: 7

mercoledì 7 marzo 2012

La coscienza di Zeman (e di Moureno)


 La Treccani, alla voce allenatore, recita così:

1. (f. -trice) Tecnico specializzato preposto alla direzione degli allenamenti di un atleta o di una squadra, con il compito di svilupparne le possibilità e capacità fisiche, di curarne la preparazione anche psicologica, di insegnare la tecnica dello sport e le tattiche di gara. 

Bene. Ma qual è, per noi, l'oggetto, il referente, a cui il segno allenatore fa riferimento? La risposta è facile facile: Mister Mou.
Ha avuto il compito di dare un volto alla nostra amata squadra, le ha impresso un carattere; ha suscitato uno spiccato senso di appartenza al gruppo: quel sentirsi alleronesi con la maglia rossoblù (mi piaci tu!), in campo e sugli spalti.
Ed io, che a volte l'ho criticato dalla comoda postazione della tribuna, poco prima del decisivo incontro col Montepetriolo, vorrei rendergli un doveroso tributo. Il sogno è a portata di mano.  Grazie Mister!

giovedì 1 marzo 2012

God save the green


God save the Queen” in realtà si canta, a pieni polmoni, tra i sudditi di Albione, con la sacralità che circonda frasi come: “Possa difendere le nostre leggi/ e darci sempre l’occasione/ di cantare con il cuore e con la voce/ Dio salvi la regina”. Come saprete, l’impeccabilità del perfetto stile british, ha anche previsto l’adattabilità del motivo con la sostituzione di “Queen” in “King” se mai quella giovinotta della Regina in carica, abdicasse (ad altra vita) in favore di un Britannico masculo.
Parliamo probabilmente dell’inno più famoso al mondo, non solo perché strombazzato in buona parte del Reame del Commonwealth ma anche perché riadattato, nel tempo, ‘m pò pe’ tutte le guste; così se ai più giovani viene in mente l’azzardato do di petto di Rooney che, fino a qualche giorno fa, faceva venire la pelle d’oca persino a Capello, chi invece ha superato almeno la trentina, ricorderà con più vigore il Wembley Stadium carico all’inverosimile, in una sera del luglio dell’86, e il leggendario Freddie Mercury vestito solo da un drappo di pelliccia che, con “God save the Queen”, dà la buonanotte a centoquarantamila braccia alzate. Dio salvi il suo genio.
E che dire del rifacimento dei Sex Pistols, le cui esibizioni incendiarie, lo ammetto, a que li tempi, me rincojonirono. Era il ’77, anno del giubileo d’argento di Elisabetta II e loro non si fecero trovare impreparati; il regalo fu l’anti-inno nazionale che ben presto finì per assumere la portata di un inno generazionale. Bastò suonarlo sul Tamigi, davanti a Westminster, per farli arrestare tutti. Sento ancora oggi l’odore del tabacco e del cuoio con cui provammo a conquistare il mondo al grido di “live fast die young”. Dio salvi le giacche di pelle.
Davanti all’uccisione della solennità dell’inno, il compassato stile dei lord, in quel caso, impose la più ferrea censura. Davvero niente a che vedere con la calienza sudamericana; ad Italia ’90, fece il giro del mondo il labiale de El Pibe de Oro quando, in Argentina-Germania, l’Olimpico si azzardò a fischiare l’intera esecuzione del suo inno nazionale e lui ripreso dalle telecamere, si lasciò sfuggire il per niente british “Hijos de puta”. Dio salvi Diego Armando.
E anche il nostro inno, se possibile. Ma che è successo regà? S’è abbattuta la scure della censura? Ce l’hanno boicottato? L’altoparlante se so fuse? Se trovassi dei volontari dotati di intonazione, sarei pronto a coordinare un’esibizione a cappella; manca l’inno A.Ci.Do e mi manca qualcosa. Sprofondato nelle sabbie mobili della forzata pausa, dopo quindici giorni senza calcio, senza inno, con una squadra piena di assenze e acciacchi contro la terza in classifica e dopo l’ultima sconfitta pesantissima che incide sull’umore… oggi, confesso, la veggo buia.
Avvolto da un pessimismo cosmico smisurato, decido comunque di sedermi; vista la grande affluenza, le panche sono al completo e io mi accomodo con i calzoni della domenica sul neonato pratino di Mattio. Consapevole di sfiorare la tragedia familiare per una patacca verdognola, ben presto me ne dimentico; lo spettacolo offerto dal Tardiolo, dopo una così lunga astinenza, quasi mi riporta alla vita. Dio salvi questa greppa.
Per i nostri, Mister Mou dispone: Cortellini tra i pali; in difesa Urbani junior, Manganello, l’Assessore e la buona new entry Fringuello Simone; a centrocampo sfilano Riccitelli, Frullicone, Fringuello junior, il Cholo e Pontremoli-Ibra; davanti punge il Principe de’ Ripone. Al fischio d’inizio, le due compagini si dedicano al rispettivo studio; il mio si focalizza sugli avversari d’esperienza: parecchi c’avranno a occhio e croce la mi età, gli altri so certi sacramenti, co le spalle come ‘n armadio. Non fosse che anche Totò stroncò i reni a Maciste, sprofonderei nel tunnel del rosso. Ma oggi latita anche quello.
Eppure nel calcio si sa, esistono delle forze imponderabili che, quando meno te lo aspetti, arrivano a sorprenderti. I Sangeminiesi, fin dai primi minuti, appaiono innocui e le loro sporadiche azioni, sbattendo su una difesa concentratissima, non risultano mai pericolose per la nostra porta; i fratelli A.Ci.Di, dalla loro, sfoderano buone giocate, votandosi alla massima concentrazione e all’agonismo. Da un centrocampo propositivo arrivano buoni e pericolosi scambi là davanti; tanto che al 13’, una procurata punizione al limite dell’area, ci regala il goal del meritato vantaggio. Il capocannoniere A.Ci.Do, sulla palla, decide per un tiro a pelo d’erba che, manco a dirlo, si insacca alla sinistra del portiere. Balzo in aria, assicurato alla lombosciatalgia per i prossimi quindici giorni e dando bella mostra, alla seconda fila, delle braghe inzaccherate. Biascico qualche parola confusa che fa così. Dio salvi il nostro Principe.
Si va negli spogliatoi sull’1 a 0, avendo anche sfiorato un’altra buona occasione con un batti e ribatti che finisce sul petto del portiere, dopo un tiro dell’oplita Manganello. Non riesco comunque ad essere tranquillo; nell’aria aleggia la possibile reazione del Sangemini, magari in seguito ad una bella strigliata negli spogliatoi. Il secondo tempo comincia con questi fantasmi; in più, appena al 20’, subiamo l’espulsione per doppio cartellino di uno stranamente falloso Riccitelli. Rimasti in dieci, Mister Mou ordina alla panchina di dar man forte; il clou della battaglia si consuma a centrocampo dove l’avversario ha perso il bandolo della matassa. E infatti, al 35’, si lascia trafiggere da un’azione di pregevole fattura condotta da Comodino e Re David e finalizzata da quest’ultimo centralmente, con tocco felpato. Dall’emozione, mentre il Bello saltella come un fringuello, io ruzzolo giù.
Sul due a zero, qualche temibile (per l’età) goccia d’acqua, mi costringe a riprendere la via di casa. E dietro al rumore del tergicristallo che mi allontana dal Tardiolo, ripenso alla gioventù passata sul campo; a quando, pur di giocare, sotto a quattro dita di neve, spalammo a fatica le linee del Vincent Lombardi di Castelgiorgio, barcamenandoci, a fiuto, tra il fango della riga di porta e la pozzanghera di centrocampo; a quando, prima di rientrare a casa, strofinavamo forsennati col bicarbonato, i segni, ahimè, indelebili lasciati dal campo sui nostri panni. Oggi come allora, i più ben assestati calci in culo del mondo, non valgono la sensazione di calpestare quell’erba.
Aspettiamo di “andare in stampa”, vista l’importanza dell’andata di Coppa Umbra, disputatasi in quel di Montepetriolo nella serata di mercoledì con un A.C.D. rimodellata e contata. Portiamo a casa, lottando eroicamente, un 1 a 1 dal sapore più che dolce che amaro; ci aspetta un imperdibile ritorno in casa, davanti ad un pubblico da fare invidia e magari con qualche possibile rientro. Nell’attesa di scoprire chi sarà la vera “regina” umbra, mi lancio anch’io in una cover dell’inno. Comincia così: Che Dio ce salve tutte. Ma più di tutti, il Cinese.
Ed ecco a voi le nostre pagelle:
CORTELLINI ALESSIO: Come al solito, concentratissimo pur se poco impegnato. Sicurezza. VOTO: 7
URBANI FABIO: Se possibile, non sbaglia niente. Fa anche più del suo. Energumeno. VOTO: 8
MANGANELLO GIORGIO: E’ tornato più grintoso di come lo avevamo lasciato. Il numero 11, in panico, tremava. Cagnaccio. VOTO: 7
FRINGUELLO SIMONE: All’esordio è super reattivo. D’altronde, il marchio di fabbrica dei “Fringuello” è una garanzia. Benvenuto! VOTO: 7
RICCITELLI ANDREA: Prende diversi palloni, sbagliando pochissimo. Perno. VOTO: 7
TIBERI RICCARDO: Tutte le palle passano da lì. Vigile. VOTO: 7
BATTISTI RAFFAELE: Va dappertutto, rubando una marea di palloni. Gladiatore di centrocampo. VOTO: 7 ½
FRINGUELLO MATTEO: Imposta e contrasta. Impeccabile. VOTO: 7 ½
URBANI DIEGO: Gioca (e bene) con la febbre. Speriamo ci si mantenga. VOTO: 7
PONTREMOLI ALESSIO: La partita che aspettavamo. Finalmente! VOTO:7½
BALDINI FRANCESCO: Sblocca il risultato con una mossa delle sue e, da solo, tiene in scacco la difesa avversaria. Lotta, uscendo sfinito. Eroico. VOTO: 8
MAGISTRATO SIMONE: Entra subito nella parte dell’arcigno difensore. Scritturato. VOTO: 7
PALOMBINI DAMIANO: Solito generosissimo; gli manca un pelo per il tocco che lo consacra. VOTO: 7
PANICO DAVID: Il bomber di razza si vede in queste occasioni. Entra e, alla Matri, fa un goal e quasi mezzo. VOTO: 7 ½
MARCO MARCHIGNANI: Entra a testa fredda. Solido, fa bene il suo lavoro. VOTO: 7
MISTER MOU: Giostra al meglio e bene il materiale A.Ci.Do a disposizione. Gran motivatore. VOTO: 7