Il calcio ad Allerona ha poco più di tre decenni di storia. Ma è solo in quest’anno magico che, per la prima volta, passando per ben 9 mesi di incontri (un parto!) e girando per i campi di mezza regione, la squadra ha accarezzato il sogno di salire sul gradino più alto dell’Umbria. Il campionato, stoppato per la tragedia avvenuta appena sette giorni fa sul campo di Pescara, impone l’anticipo della finale a sabato 21 aprile, giorno in cui la Chiesa Cattolica celebra Sant’Anastasio il Sinaita. Della sua vita, quasi del tutto sconosciuta, sappiamo soltanto che lasciò il mondo, ritirandosi in solitudine sul monte Sinai, scrivendo sermoni fino alla morte. Esco di casa, disertando al sabato dedicato alla ricerca della cicoria, nella consapevolezza che prima o poi, mi toccherà far la fine del Santo di cui sopra. Bene.
Non calpestavo gli scalini di un bus dall’età della scuola, quando col vocabolario di latino, m’appuntavo, lato-finestrino, per la consueta pennichella mattutina. Esserci oggi, in questo viaggio verso la vetta, con i compagni di un tempo, mi restituisce un pizzico di euforia adolescenziale. Il borgo si spopola e nel deserto che c’è intorno, soltanto i colori rossoblù illuminano la piazza; le altre due fermate (salgono i supporters dello Scalo e quelli Orvietani) oltre ad appesantire il piuttosto precario stato dei postali, vintage il giusto, completano il gruppo degli aficionados A.Ci.Di.
Ci distrae, dal groppone sullo stomaco del pre-partita, uno svarione del simpatico autista; qualcuno, fortemente dubbioso circa la possibilità di arrivare a giusta destinazione, ricordando i fasti di una memorabile e alticcia notte di alcuni compaesani, dalle prime file, grida: “Sessimo a Cesena!”
E invece, inaspettatamente, ecco aprirsi le porte semiautomatiche del potente mezzo: scendiamo davanti alla sede della Lega. Siamo in tanti, davvero in tanti, tutti rossblù vestiti, con trombette, tamburi filarmonici e un arsenale di gigantografie. Ci segue anche uno striscione firmato dalla nostra amata Pro-Loco, assente giustificata, impegnata nella preparazione del dopo cena, presso la Sala Polivante di Allerona Scalo. Recita così: “Con la mente, con il cuore, la Pro Loco con amore”. Mi emoziono.
Il tempo di prendere posto, rigorosamente in zona damigiana, e via, si parte con le coreografie, egregiamente architettate dai due capo tifosi (ai quali vanno i miei personali e infiniti ringraziamenti, viste le peripezie organizzative nelle quali sono stati coinvolti) Leonardo e Nicolò. Mentre sventaglio il telo, lo ammetto, il cuore batte forte. Anche il primo cittadino, a fianco, mostra fiero il suo vessillo. Roba da far accapponare la pelle. Ci siamo.
Partono i cori, adeguatamente ritmati dai batteristi A.Ci.Di dotati di bacchette fatte ‘n casa. L’inchino del presidente, sotto la curva, davanti agli occhi della splendida compagna, mi provoca un sussulto; sarà l’emozione di vederlo lì a sfiorare quell’erba, sarà che i suoi blue jeans, irrimediabilmente compromessi da due sorche verdastre, lo rendono uno di noi, ma lo stringo in un virtuale abbraccio. C’è solo un Presidente! Il tempo di realizzare, insieme a lui, uno degli spettacoli quasi mai visti su un campo di terza categoria, e siamo tutti in piedi a tributare il doveroso minuto di silenzio per Piermario. Prepo è già densa di nubi rossoblù.
Eppure, suddetta e splendida cornice, il tifo organizzato, l’inno a cappella, gli sguardi carichi dei tifosi, non bastano ai nostri per prendere in mano la partita. Immobili, davanti alle giocate del capocannoniere preciano Funari, giocatore dalle qualità tecniche certamente non comuni, che pare abbia militato finanche in promozione, andiamo sotto di quattro goal dopo appena una manciata di minuti. Siamo intirizziti fin nei muscoli, narcotizzati manco ci fossimo sorbiti, nelle orecchie, senza pause, un cd intero di Amedeo Minghi. Abbattuti e increduli, non possiamo che sottostare alla genialità del calcio. Giornate di luna storta come questa, lo ammetto, me lo fanno odiare. 45’ minuti di questa musica, poi decidiamo che è giunto il momento di fare sul serio. E quando rimontare 5 goal sembrava un’impresa disperata, arriva la reazione; tigna e tenacia frenano la valanga fino a rimontare la corrente. Ma non basta.
La nostra finale è terminata al 18’ minuto circa, di un ventoso sabato pomeriggio perugino. Ma è cominciata tre anni fa. Un tempo davvero piccolo, nel quale, attraverso innumerevoli peripezie e fatiche, dentro e fuori dal campo, abbiamo tentato di compiere il miracolo. E se la poca esperienza a livello “internazionale”, la poca malizia dei nostri giovani ragazzi, un campo dalle dimensioni ridicole e dal manto infame, non ci hanno permesso di salire quell’ultimo scalino, stringiamo comunque, con orgoglio, tra i denti, questa medaglia d’argento. Perché, tre anni fa, quando abbiamo deciso, non senza timori, di rimettere insieme le nostre forze, avevamo davvero già vinto.
5 a 3. Finisce così, tra la meritata samba dei biancocelesti, la favola dei rossoblù alla conquista dell’Umbria. Resta l’incontestabile dato di una sconfitta celebrata, come è nostro stile, come e più di un trionfo. Restino, cari ragazzi, nei vostri occhi, quelli orgogliosi dei tantissimi alleronesi, in piedi, ancora una volta, nonostante tutto, a regalarvi l’ultimo applauso. Restano, purtroppo, anche delle insensate scritte di vernice ad imbrattare gli spalti di una struttura appena inaugurata. Resta qualche stupido sfottò, mal tollerato dai tifosi avversari, mentre un ragazzo in barella, piange comprensibilmente il suo legamento crociato. A parte questo, restiamo così. Capaci di cadere e, subito dopo, di rialzarci, occhi negli occhi; capaci di rimanere insieme, come e più di prima. La netta vittoria che affossa il Porano, davanti ad una greppa gremita, ne è la dimostrazione. Ancor di più, lo sono il canestro degli squisiti biscotti all’anice offerti da Anna e il boccione magnum col rosso delle Spiagge con il quale, appena quattro giorni dopo, si torna a brindare.
Perché, in quel sabato perugino di metà aprile in cui abbiamo perso, perderci, sarebbe stata la più dolorosa delle sconfitte.