Piove forte al Tardiolo. Ma non sui nostri volti.
Finisce 1 a 3, dopo uno spettacolo certamente non irresistibile, sostenuto anche da una terna arbitrale simpatizzante (non per noi, ovvio!), la corsa dell’ACD verso la finale dei pleioffe. Il Dio del calcio, si sa, ce lo siamo già raccontati, spesso riesce ad essere spietato e, a quanto pare, con noi, ce l’ha messa davvero tutta.
Eppure restiamo lì, aggrappati co’ le scarpe della festa, ad una greppa pantanosa, stretti stretti (che stamo più calle!) e madidi di guazzara manco fosse gennaio, a intonare l’inno a squarciagola, sotto agli ombrelloni, come un colorato patchwork primaverile. Lì, a resistere al tempo che passa e ai reumatismi, senza alcun rammarico. Lì, fino alla fine di una partita di calcio che non racconteremo perché, nel pomeriggio dei saluti e dei bilanci, il calcio deve entrarci poco e niente.
In fondo, è bene sottolinearlo, in queste mie “ciarle da caffè” per dirla alla Brera, e più in generale, in tutta questa nostra storia, il campo da gioco, più che a terreno di incontro-scontro, è stato assunto a pretesto per condividere ricordi di una volta, per sconfiggere l’infausta sorte che spesso sembra essere riservata ai piccoli paesi, come il nostro. Tanto affascinante quanto, spesso, tanto vuoto. Ebbene sì, siamo qui a scrivere di come ce l’abbiamo fatta, di quanto oggi quest’allegra armata brancaleone pallonara di uomini e donne, ancor prima che di calciatori o tifosi, cronisti, o esperti di pallone, questo paese, l’abbia riempito.
Nel tentativo di ringraziarvi tutti per l’ultima volta, certo che dimenticherò qualcuno, sappiate che ognuno non è stato meno importante:
A Massimo Tardiolo, ne sarà fiero;
a Gianni Tiracorrendo,
ad Alessandro Piazzai che ne ha rilevato gli oneri;
alla veracità così sguaiata eppure così vitale del Bello,
e gli improperi sfonna timpani di Ciucciornia;
al Maresciallo medico Moreno,
alle ventiquattrore incasinate della Presidenza tutta,
e a Massimo che le riordina;
la parata in volo di Cortellini,
e la disponibilità di Ludovico;
ai cross e anche agli occhi azzurri di Badabeis,
alla grinta di Nicolò,
ai Fringuello, che ci hanno scelti tra tanti,
al Fico, per quando tornerà,
alle Ficate, ma anche no!
Al matador Magistrato,
all’innata classe dell’Assessore, perché resti con noi;
alle geometrie di Riccitelli,
i “colpi di testa” di Pietro,
e le galoppate di Gasparri;
all’euro-punizione di Giggi;
alla fascia meritata dal Capitano,
e le fasciature alle sue deboli caviglie (famole de’ pero!);
al perenne supporto di Daniele Baldini,
e la cazzutaggine di Giorgione;
a Lorenzo il Magnifico,
e Diego, Cuor di Leone;
al senso del goal di Panico,
e al polverone che alza Frullicone;
al possesso palla di Alessio,
alla spensieratezza di Damiano,
alla disponibilità di Marco e Jacopo;
agli occhi sgranati dei bambini dopo un goal del Principe,
alle scelte, più e meno giuste,
alla purezza d’animo di Mister Mou;
alla Pro Loco e al Sindaco,
a chi da bardassetto ‘na volta mi disse: “Ricordite che ‘l pallone è tonno!”
Alla mi moje (je facesse!),
alla ninnica del Gufo e i sonnellini di Papalla,
che poi, come farà a russà in mezzo a tutto quel putiferio!
A chi passa per la questua
e chi la fa;
alle cucine dell’Anna,
a quelle della Renata;
agli scoppiettanti (di nome e di fatto!) siparietti del Cimino,
a Colavolpe e la sua sfida trentennale ingaggiata con gli arbitri;
agli spogliarelli del Cinese,
anche detto Luca Sardella
per la maestria nello sradicare gramegna;
allo Zio,
a Prepo,
ai goal con dedica per il Bello,
e le bandierine scaraventate come giavellotti al grido di “Farabutto”;
alle illusionistiche riprese di Luca P.
A chi indossa la maglia,
alla Giuseppina che le rammenda;
alle palle giocate, perse e quelle al piede,
a quelle che si sono rotte;
ai colpi di tacco, di testa e quelli di culo,
ai “Che te venisse ‘n colpo!”;
Ai vostri applausi sotto la curva,
alla voce che trema;
al bombo bono,
a Sirio che brinda con me;
per tutte le foto ricordo già incorniciate
e quelle ancora da scattare…
GRAZIE.